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La Riqualificazione dell’Area

Uno degli argomenti utilizzati dai sostenitori del progetto del porto turistico crocieristico è che la realizzazione di quest’ultimo consentirebbe la riqualificazione dell’area, che oggi è in stato di abbandono e degrado.

Questo argomento potrebbe sembrare convincente ad un interlocutore un po’ distratto. Ad un osservatore più attento però non sfugge che il degrado deriva proprio dal fallimento del progetto del Porto della Concordia. Si tratta di una vera e propria “strategia del degrado”: il concessionario presenta una via di uscita ad un problema da esso stesso generato, per incapacità di realizzazione e incuria, con un progetto ancora più imponente ed invasivo del precedente.

A questo paradosso si aggiunga il fatto che i documenti di progetto descrivono chiaramente che l‘obiettivo non è quello realizzare un’opera che riqualifichi l’area al fine di integrarla con il resto tessuto urbano. Al contrario, l’intento dichiarato è di isolare l’area del porto dal resto del territorio, attraverso un “bordo verde che fa da filtro e mitiga l’accesso all’area attraverso un sistema di filari che tendono ad espandersi verso il mare accogliendo spazi, piazze, parcheggi, nascondendo il passaggio dalla città al mare”18.

A tal riguardo il Ministero dei Beni Culturali afferma “che la soluzione progettuale, così come concepita, appare svincolata dal contesto dando luogo a due entità distinte (due vere e proprie città) in cui il cosiddetto “bordo verde” [..] corre il rischio di divenire una barriera fisica invalicabile, in quanto, se da un lato assolve alla funzione di sfondo migliorativo per le nuove opere, dall’altro le separa dal contesto edilizio retrostante connotato da un tessuto urbano disomogeneo e bisognoso di interventi di recupero. Tale progetto sembra quindi rinunciare ad una possibile funzione di connessione e ricucitura tra i diversi ambiti urbani.”19

Sempre lo stesso ministero si pronuncia sul valore storico ed identitario del luogo caratterizzato “dalla presenza di manufatti storici quali in faro realizzato nel 1946 sul preesistente distrutto, e gli antichi trabucchi- palafitte in legno, sistemi insediativi e produttivi tipici della storia e della tradizione locale, si ritiene che questi siano assolutamente meritevoli e debbano essere oggetto uno specifico progetto di recupero e valorizzazione.”

Ad ulteriore conferma dell’impatto dell’opera, il ministero mette in evidenza che “il progetto presentato prevede […] la collocazione del Terminal Crociere [..] che con il suo volume sembrerebbe alterare, oltre che ostacolare, la percezione di tale contesto e la visuale da e verso il mare, si ritiene necessaria l’elaborazione di una soluzione progettuale alternativa che mantenga libera la prospettiva verso il faro e il mare aperto e quindi salvaguardi e valorizzi quegli aspetti significativi e caratteristici del paesaggio e del patrimonio identitario e storico di questi luoghi, tanto da essere tutelati con il DM 22/05/1985”.

La realizzazione del porto produrrebbe si una riqualificazione dell’area del faro, ma questa verrebbe ad essere separata dal resto del territorio, quindi ad esclusivo beneficio degli scopi degli investitori e non della collettività. I cittadini dunque verrebbero ad essere privati di uno dei luoghi simbolo ed identitari del territorio: il Vecchio Faro, con le sue scogliere, i suoi bilancioni e con esso tutto il “vissuto” e la memoria collettiva, di generazioni di cittadini di Fiumicino e di Roma.